Da qualche anno vista la diffusione delle pratiche di meditazione, la scienza ha cominciato a studiarne gli effetti.
Vi è stato un incremento degli studi clinici sulla meditazione, dal momento che sono sempre più frequenti le ricerche che mostrano che le persone che praticano la meditazione regolarmente provano un senso di calma e pace interiore. Ormai da qualche tempo i neuroscienziati stanno dimostrando che attraverso la pratica della meditazione si produce un’alterazione delle frequenze delle onde cerebrali con conseguente riduzione dello stress e delle emozioni negative. I meditatori esperti sono più calmi, reagiscono meglio allo stress quotidiano e rispondono più efficacemente in compiti che richiedono concentrazione e focalizzazione dell’attenzione. Alcuni ricercatori ritengono che certe modificazione del cervello possano portare benefici fisici come la regolazione della pressione arteriosa, e nella prevenzione delle malattie. Gli scienziati ed i praticanti di meditazione fra i quali lo stesso Dalai Lama, vogliono ora cercare di capire la durata e la costanza della meditazione che occorre per raggiungere questi risultati : 20 minuti due volte al giorno potrebbero essere sufficienti?
Si discute anche se certi farmaci attivando chimicamente gli stessi meccanismi potrebbero ottenere gli stessi risultati e la stessa pace mentale di ore di meditazione.
Il dr. David Davidson dell’Università del Wisconsin è stato il primo a studiare e a registrare l’attività cerebrale dei monaci Tibetani durante la meditazione e ha scoperto che i praticanti più esperti si liberano delle emozioni negative aumentando le onde cerebrali gamma in misura due o anche tre volte maggiore di quelle riscontrate nei non praticanti.
Il dr. Clifford Saron dell’Università di Davis in California, ha proposto un esperimento particolare. Vuole trovare 30 persone che vivano in ritiro per un anno su una spiaggia della California passando i giorni in lunghe sessioni di ore di intensa meditazione ed essere sottoposti periodicamente ad esami mediante scanner cerebrali, risonanza magnetica, analisi del sangue. Il dr. Safran spera di poter determinare se la meditazione produca modificazioni biologiche permanenti, come nuove cellule cerebrali che diano un senso di tranquillità. E qui si innesta l’interesse delle case farmaceutiche perché se venisse scoperta un’area del cervello responsabile della pace mentale potrebbero creare dei farmaci che provochino lo stesso effetto.
Paul Elkman, professore di psicologia all’Università di California di San Francisco, esperto in espressioni del volto ha riscontrato che i lama Tibetani sono in grado di valutare le espressioni facciali delle emozioni in modo più rapido ed accurato di migliaia di persone esaminate da lui. Il prof. Elkman ritiene che la meditazione offra il modo di fortificare i circuiti che regolano le emozioni e l’attenzione e crede che la pratica potrebbe essere di aiuto a chi soffre da disturbi mentali caratterizzati da reazioni emotive anomale.
Questi studi hanno avuto impulso dal Dalai Lama che era curioso di sapere se queste pratiche millenarie avessero una base scientifiaca. Invitato ad una conferenza nazionale della Society of Neuroscience, ci furono inizialmente delle polemiche per la petizione di alcuni neuroscienziati che ritenevano non ammissibile che un leader religioso parlasse di scienza. Il Dalai Lama, ivece, sorprese un po’ tutti perché si concentrò solo sugli aspetti scientifici dei rapporti fra mente , emozioni negative ed il modo di liberarsene. Ha sbalordito coloro che temevano risposte basate su dogmi o citazioni di verità assolute esordendo con l’affermazione : “Alcuni pensano che l’etica si debba fondare su principi religiosi. Io non la penso così”. Fino ad affermare che in caso di conflitto fra scienza e dogmi buddhisti, il buddhismo dovrebbe conformarsi a fatti certi e verificati. Ha concluso con un appello che la scienza si faccia guidare da principi etici, ad usare ragione e compassione per scegliere ciò che sia di beneficio per la maggioranza delle persone.